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- La contaminazione da Pfas ha esposto 350.000 cittadini in Veneto a elevatissime dosi di questi inquinanti pericolosi.
- Le analisi tra il 2019 e il 2022 hanno dimostrato che i Pfas sono presenti nel 17% dei risultati delle analisi a livello nazionale, con quasi 18.000 misurazioni positive.
- In Piemonte, intorno alla proprietà Solvay, si sono riscontrati aumenti del 159% di melanomi e del 1142% di tumore alla mammella.
La questione dei Pfas, noti anche come forever chemicals per la loro capacità di non degradarsi e rimanere permanenti nell’ambiente, è emersa con forza in Italia a seguito dello scandalo della Miteni in Veneto. Queste molecole, diffusissime nell’industria per le loro proprietà di resistenza e impermeabilità all’acqua e ai grassi, rappresentano un grave problema ambientale e sanitario. Alcuni Pfas, come il Pfoa, sono stati classificati dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro come cancerogeni per l’uomo, mentre il Pfos è considerato un possibile cancerogeno. Tuttavia, esistono migliaia di altre molecole simili di cui non si conoscono ancora gli effetti, ma che si sospetta possano essere altrettanto pericolose.
In Veneto, i Pfas prodotti dall’azienda Miteni hanno contaminato la falda acquifera di un vasto territorio tra le province di Vicenza, Verona e Padova, esponendo 350.000 cittadini a elevate dosi di questi pericolosi inquinanti. Dopo che lo scandalo è diventato di dominio pubblico, è stato avviato un maxi processo e istituita una zona rossa. Analisi successive hanno rivelato la presenza di Pfas in altre parti d’Italia, dal Piemonte alla Toscana, dalle fonti d’acqua a 1.600 metri di altitudine fino alle foci dei fiumi.
Lo studio di Greenpeace: i Pfas sono un’emergenza nazionale
Durante una conferenza organizzata da Greenpeace alla Camera dei deputati, è stata sottolineata l’urgenza di intervenire per regolamentare e bandire definitivamente questi inquinanti. I comitati cittadini delle “zone sacrificate” hanno raccontato le storie di persone che si ammalano e muoiono a causa dei Pfas. L’ultima inchiesta di Greenpeace, basata su dati Ispra tra il 2019 e il 2022, ha dimostrato che la contaminazione da Pfas è presente in tutte le regioni italiane.
Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, ha affermato: “I dati sulla presenza di Pfas in Italia confermano un’emergenza sanitaria nazionale diffusa e fuori controllo. Il quadro è grave e incompleto a causa della mancanza di uniformità nei controlli a livello nazionale e dell’inefficacia dei monitoraggi in numerose regioni”. La maggior parte delle analisi è stata eseguita in quattro regioni del nord Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia), mentre il restante 30% è distribuito nelle altre dodici regioni. Più regioni fanno controlli, più emergono contaminazioni: le pericolose sostanze chimiche sono presenti nel 17% dei risultati delle analisi tra il 2019 e il 2022, per un totale di quasi 18.000 misurazioni positive.
Il Piemonte: nuovo scandalo e emergenza altissima
In Piemonte, nella provincia di Alessandria, l’azienda chimica Solvay (oggi Syensqo) è l’unica produttrice attiva di Pfas in Italia. Concentrazioni elevate di Pfoa e Pfos sono state trovate nei corpi idrici nell’area contigua alle attività di Solvay. Mirella Benazzo, dell’associazione Anemos Piemonte, ha elencato dati allarmanti sulla mortalità dei cittadini intorno allo stabilimento di Alessandria: “Più 159% di melanomi, 1142% di tumore della mammella, 92% di mortalità per ipertensione arteriosa, 217% di tumore alla vescica e 145% di tumore al rene”.
Eugenio Spineto, del comitato Stop Solvay, ha denunciato che mentre i cittadini chiedevano un biomonitoraggio, Solvay otteneva il permesso di aumentare la produzione di cC6O4, un Pfas che ha sostituito il Pfoa nella linea di produzione. Le sostanze hanno raggiunto i fiumi e la falda acquifera, e concentrazioni elevate di Pfas sono state trovate anche nei pozzi della Val di Susa. “In una fonte a 1.200 metri, a marzo 2023, sono stati misurati 96 nanogrammi per litro di Pfas senza che nessuno si preoccupasse di scoprire la fonte di contaminazione”, ha denunciato Silvio Tonda, del comitato Acqua sicura Piemonte. Il Pfoa è stato rilevato anche nel fiume Dora Baltea a Vercelli.
Lombardia e Toscana: regioni a rischio
Oltre alle province del Veneto e del Piemonte, alte concentrazioni di Pfoa sono state riscontrate in Lombardia, nel torrente Molgora, nei comuni di Lavagna e Cavaione (Milano) e nel comune di Ottobiano (Pavia). Alte concentrazioni di Pfos sono state trovate in una zona agricola e industriale in provincia di Pavia, nel Lago di Como (Dervio e Cernobbio) e nel comune di Monza e Brianza. In provincia di Brescia, l’azienda Caffaro ha contaminato il territorio con Pfas nei pozzi delle scuole, come spiegato da Ivana Fabris, del comitato Acqua e salute di Capriolo Lombardo.
La situazione non è diversa in Toscana. Tommaso Panigada, dell’associazione Senza confini Toscana, ha ricordato gli impatti dell’industria conciaria, tessile e florovivaistica del cuoio, evidenziati dallo studio del 2013 del Cnr-Irsa e dai rilievi annuali di Arpat. Recenti analisi di Greenpeace hanno provato la diffusione dell’inquinamento da Pfas nel distretto cartario lucchese. Le rilevazioni hanno confermato che l’inquinamento è massimo a valle degli scarichi delle aziende e scompare a monte, sollevando dubbi sulla presenza di Pfas.
Bullet Executive Summary
L’unico modo per difendersi dai Pfas è prevenirne la diffusione. Le conseguenze per la salute sono state denunciate dalle associazioni dei cittadini, supportate da relatori autorevoli invitati da Greenpeace alla conferenza. Medici come Edoardo Bortolotto di Medicina democratica e Francesco Bertola di Isde (Associazione medici per l’ambiente) hanno annunciato la diffusione di uno studio sulla correlazione tra Pfas e salute riproduttiva, su mille ragazzi della zona rossa in Veneto. I risultati sono preoccupanti: nei paesi esposti all’inquinamento da Pfas, è stato riscontrato il doppio delle asportazioni di testicoli per causa di tumore rispetto alla media nazionale.
I ricercatori del Cnr-Irsa, Sara Valsecchi e Stefano Polesello, hanno studiato i Pfas per quindici anni e portato alla luce il caso Miteni e l’inquinamento delle acque potabili in Veneto. Polesello ha concluso che “correre dietro alle azioni di mitigazione non è sufficiente. Le aziende creano nuovi Pfas per sfuggire agli studi sugli effetti e aggirare le limitazioni, non proteggendo le esposizioni future”. L’unica soluzione è bandirli.
Greenpeace ha come obiettivo di spingere le istituzioni ad approvare una legge che limiti l’uso e la produzione di queste sostanze pericolose, fino a una moratoria su tutti i Pfas, indipendentemente dall’utilizzo o dalla categoria. Negli Stati Uniti, l’Epa (Agenzia per la protezione ambientale) ha fissato limiti bassissimi per la presenza di Pfas nelle acque potabili. In Francia, dal 2026, sarà vietata la produzione e la vendita di prodotti non essenziali contenenti Pfas, come cosmetici e abiti. Divieti simili sono stati inseriti in Danimarca. Cinque nazioni europee (Germania, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Norvegia) hanno chiesto di vietare l’uso e la produzione dei Pfas attraverso il regolamento europeo Reach. Tuttavia, in Italia, la mancanza di controlli e analisi, unita alla non volontà politica di intraprendere un percorso simile, permette che queste sostanze continuino a essere sversate impunemente.
Il quadro delineato dalla conferenza di Greenpeace è grave e potrebbe peggiorare, basandosi su dati e indagini parziali. “Cosa aspetta il governo Meloni a promuovere un provvedimento che limiti, a livello nazionale, l’uso e la produzione di queste pericolose sostanze, a tutela dell’ambiente e della salute di tutti noi?”, ha concluso Ungherese commentando i dati dell’inchiesta di Greenpeace. Non possiamo permetterci di aspettare ancora. In alcune zone d’Italia, gli abitanti sono sacrificati per non interferire con le esigenze economiche e produttive delle aziende, nonostante esistano alternative più sicure.
*Nozione base di transizione ecologica: La transizione ecologica implica il passaggio da un modello economico basato sull’uso intensivo di risorse naturali e sull’inquinamento, a un modello sostenibile che minimizza l’impatto ambientale e promuove l’uso efficiente delle risorse. Questo include la riduzione dell’uso di sostanze chimiche pericolose come i Pfas e l’adozione di tecnologie e pratiche più sicure per l’ambiente e la salute umana.
Nozione avanzata di economia circolare:* L’economia circolare si basa su un sistema di produzione e consumo che riduce al minimo gli sprechi e l’uso delle risorse, promuovendo il riutilizzo, il riciclo e la rigenerazione dei materiali. Nel contesto dei Pfas, questo significa sviluppare alternative sicure e sostenibili a queste sostanze chimiche, implementando processi produttivi che non generino inquinanti persistenti e adottando politiche che incentivino la ricerca e l’innovazione in materiali ecocompatibili.
- Rapporto Ispra sulla contaminazione da PFAS in Italia, fonte ufficiale per approfondire i dati sull'inquinamento da sostanze chimiche persistenti in Italia.
- Sito ufficiale di Solvay, dove si trova la notizia sulla risoluzione dell'azienda con il Dipartimento dell'Ambiente del New Jersey relativa ai PFAS