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Cop30: l’adattamento climatico sarà davvero al centro del dibattito?

La Cop30 di Belém si propone come punto di svolta per l'adattamento climatico, ma tra finanziamenti insufficienti e nuove alleanze globali, riuscirà a tradurre le promesse in azioni concrete?
  • Entro il 2035, i paesi in via di sviluppo necessiteranno 310-365 miliardi di dollari/anno.
  • Nel 2023, sono stati stanziati solo 26 miliardi, un divario enorme.
  • 437 milioni di persone in 134 paesi ora più resilienti al clima.
  • Germania e Brasile istruiranno 6.000 funzionari locali entro il 2028.
  • 3,5 miliardi di persone protette dal caldo estremo in 185 città.

La Conferenza delle Parti numero 30 (COP30), prevista a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, si configura come un appuntamento decisivo per il futuro delle strategie climatiche a livello mondiale. L’obiettivo principale è quello di rafforzare e accelerare l’attuazione del Global Goal on Adaptation (GGA), un proposito ambizioso che punta ad aumentare la capacità di recupero e a diminuire la fragilità di fronte ai cambiamenti climatici. Tale scopo, delineato nell’articolo 7.1 dell’Accordo di Parigi del 2015, si focalizza sul potenziamento delle facoltà di adattamento delle popolazioni più esposte, degli ecosistemi e delle economie più sensibili agli impatti climatici. La COP30 dovrà stabilire i parametri e gli strumenti per sorvegliare e finanziare l’adattamento, convertendo un accordo teorico in un programma d’azione effettivo.

Il Brasile, in qualità di paese ospitante, propone un approccio di gestione climatica su più livelli, connettendo le politiche a livello sia nazionale che locale. L’idea è quella di generare soluzioni integrate e calibrate sui singoli contesti, in grado di mobilitare tutti i soggetti coinvolti, dalle amministrazioni locali alle comunità. Le questioni chiave da risolvere includono la discussione sui cento indicatori proposti, la definizione degli obiettivi specifici (agricoltura, ecosistemi, infrastrutture, acqua e salute), la predisposizione dei sistemi di controllo e, soprattutto, la raccolta di fondi e il trasferimento di competenze e tecnologie. Quest’ultimo aspetto è una conditio sine qua non per una strategia efficace.

A spronare i delegati è arrivata l’edizione 2025 dell’Adaptation Gap Report, una valutazione annuale dello stato dell’adattamento a livello globale. Il documento, intitolato “Running on empty”, presenta un quadro allarmante: sebbene il mondo stia avanzando verso la resilienza climatica, le risorse economiche restano drammaticamente scarse. Entro il 2035, le nazioni in via di sviluppo necessiteranno tra 310 e 365 miliardi di dollari all’anno per far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici, in contrasto con i soli 26 miliardi effettivamente stanziati nel 2023. Ciò significa che la necessità attuale è dalle 12 alle 14 volte maggiore rispetto ai capitali disponibili. Il documento sottolinea che l’impegno del “Patto di Glasgow” di raddoppiare i fondi pubblici indirizzati all’adattamento entro il 2025 è ben lontano dall’essere raggiunto, e che il nuovo obiettivo collettivo per la finanza climatica si dimostra inadeguato a colmare il divario.

Finanziamenti, Partnership e il Ruolo delle Città

Nei primi giorni della COP30, l’adattamento è stato al centro delle discussioni, con diverse novità di rilievo. Il Fondo per Perdite e Danni è stato reso operativo con una prima call da 250 milioni di dollari, destinati ai Paesi più vulnerabili. Le Banche Multilaterali di Sviluppo hanno comunicato di aver raddoppiato i propri investimenti per l’adattamento a partire dal 2019, indirizzando oltre 26 miliardi di dollari alle nazioni a basso e medio reddito nel 2024 e introducendo un nuovo schema per la finanza della natura, concepito per rendere i capitali legati agli ecosistemi più evidenti e attraenti. La campagna Race to Resilience ha annunciato che 437 milioni di persone in 134 paesi sono ora più resilienti al clima e che sono stati mobilitati 4,18 miliardi di dollari per l’adattamento.

Sul piano politico, la Dichiarazione di Belém sulla Fame e la Povertà, siglata da 44 nazioni, ha avviato una collaborazione per la tutela sociale resiliente al clima e per il sostegno all’agricoltura dei piccoli produttori, ribadendo il nesso tra giustizia sociale e giustizia climatica. Il secondo giorno ha messo in evidenza il ruolo crescente delle città e dei governi locali. È stato inaugurato il Piano per Accelerare la Governance Multilivello (PAS), che rende operativa la coalizione CHAMP, un’alleanza di grande rilevanza volta a connettere le strategie nazionali con le iniziative locali. *La Germania e il Brasile condivideranno la presidenza allo scopo di incorporare la governance multilivello nei Contributi Nazionali Determinati (CND), ovvero i piani climatici nazionali, entro il 2028, e per istruire 6.000 funzionari locali; inoltre, aumenteranno l’accesso ai finanziamenti climatici. Infine, la campagna “Beat the Heat Implementation Drive”, lanciata congiuntamente dalla presidenza brasiliana e dal Programma ONU per l’Ambiente, è passata dalla fase di pianificazione a quella di esecuzione, con progetti volti a salvaguardare 3,5 miliardi di individui dal caldo estremo in 185 città a livello globale.

Sebbene manchi ancora un testo negoziale definitivo sulle determinazioni ufficiali, i segnali preannunciano un’accelerazione voluta dalla Presidenza: fare di Belém la “COP dell’adattamento e dell’attuazione”, spostando il fulcro dai dibattiti agli interventi concreti.

Cosa ne pensi?
  • Finalmente una COP che guarda all'adattamento! 🎉 Ma......
  • Adattamento sì, ma i finanziamenti sono ancora insufficienti... 😕...
  • E se la vera rivoluzione fosse nel Sud del mondo? 🤔 I BRICS+......

Il Brasile, i BRICS+ e una COP Multipolare?

La scelta di Belém, situata nel cuore dell’Amazzonia, sottolinea l’importanza della foresta pluviale nella mitigazione delle emissioni di gas serra. Il Brasile, guidato da Luiz Inácio Lula da Silva, intende svolgere un ruolo fondamentale nella diplomazia climatica, guidando i Paesi del Sud globale, spesso marginalizzati nelle decisioni delle COP. Il Brasile è parte dei BRICS, un gruppo di nazioni che aspira a costruire un modello alternativo all’influenza occidentale attraverso la cooperazione economica e politica. A cominciare dal 1° gennaio, il gruppo dei BRICS+ comprende dieci membri: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Secondo i dati della Banca Mondiale, attualmente i BRICS+ rappresentano il 45.6% della popolazione mondiale e il 28.6% del PIL globale.

Tra i BRICS+ figurano alcune delle più significative potenze energetiche mondiali, come gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Iran. Questo solleva interrogativi sulla direzione che prenderà la COP30. Potrebbe essere ricordata come la prima COP realmente multipolare, in cui i Paesi del Sud globale avranno un ruolo più incisivo nelle decisioni climatiche? I fondi destinati al clima si sono finora dimostrati largamente insufficienti, e molte stime suggeriscono che sarebbero necessarie somme dieci volte superiori a quelle finora promesse. La COP30 dovrà affrontare questa sfida, trovando soluzioni innovative per mobilitare risorse finanziarie adeguate.

Tuttavia, non mancano le polemiche. La costruzione di una tangenziale a quattro corsie lunga 13,3 chilometri che taglia in due un pezzo di foresta a est di Belém, solleva interrogativi sulla coerenza tra gli obiettivi dichiarati e le azioni concrete. Questo paradosso evidenzia la complessità della sfida climatica, che richiede un impegno costante e coerente da parte di tutti gli attori.

Resistenza, Giustizia Climatica e il Ruolo dell’Italia

Mentre la COP30 si avvicina, cresce la preoccupazione per la criminalizzazione dell’attivismo climatico. In Italia, come in molti altri Paesi, le persone che si mobilitano per chiedere giustizia climatica si ritrovano spesso a fronteggiare multe sproporzionate, processi penali e campagne diffamatorie. Questo restringimento degli spazi democratici è un trend globale che riguarda tutti, non solo chi scende in strada. In risposta a questa situazione, diverse organizzazioni stanno promuovendo iniziative per fornire supporto legale e collettivo agli attivisti e alle comunità che difendono il pianeta.

Parallelamente, il movimento per il clima si sta organizzando per rilanciare la propria azione. Il Climate Pride, nato a Roma nel 2024, si propone come un luogo di sperimentazione per la resistenza, convertendo la retorica delle COP in azioni concrete per la giustizia climatica e sociale. Il 12 aprile 2025, il Climate Pride sfilerà per Bologna, mentre Ravenna manifesterà contro l’arroganza di chi continua a trarre profitto dalle fonti fossili. Questi eventi rappresentano un invito alla convergenza di pratiche e sogni per costruire un futuro diverso, a partire dai territori e dalle comunità locali.

L’Italia, finora, ha parlato poco della COP30. Sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) è presente una pagina stringata che rimanda al portale ufficiale della COP30 e alla richiesta di interesse per il settore privato. Il governo Meloni si è distinto per aver mantenuto una posizione marginale nelle COP sul clima, privilegiando al massimo gli interessi legati ai combustibili fossili. Questa condotta, combinata all’assenza degli Stati Uniti sotto la guida di Donald Trump, suggerisce che anche a Belém l’Italia potrebbe optare per una posizione intermedia tra un’Unione Europea che sta ridimensionando le proprie ambizioni ambientali e climatiche e i BRICS+ che, pur tra molteplici contraddizioni, potrebbero sfruttare le debolezze occidentali per tentare di inaugurare una nuova fase.

Un Futuro Sostenibile: Tra Sfide e Opportunità

Si rivelerà fondamentale garantire la piena partecipazione delle comunità locali, delle popolazioni indigene, dei soggetti a basso reddito e delle realtà vulnerabili nella definizione della governance, nella scelta degli indicatori e nell’amministrazione delle risorse.* La COP30 rappresenta un momento cruciale per definire il futuro delle politiche climatiche globali. Tra la scarsità di fondi, la necessità di definire indicatori e l’esigenza di rendere operativi i piani, la vera sfida sarà traslare le intenzioni in condizioni concrete – siano esse finanziarie, tecnologiche, politiche o sociali – che elevino l’adattamento a pilastro dell’azione climatica. Solo così sarà possibile costruire un futuro sostenibile per tutti.

Oltre la Superficie: Comprendere e Agire per un Futuro Sostenibile

Amici, parliamoci chiaro: la transizione ecologica non è solo una questione di pannelli solari e auto elettriche. È un cambiamento profondo che riguarda il modo in cui viviamo, produciamo e consumiamo. Una nozione base, ma fondamentale, è che ogni nostra azione ha un impatto sull’ambiente, che sia positivo o negativo. Ridurre i rifiuti, scegliere prodotti sostenibili, utilizzare i mezzi pubblici sono tutti piccoli gesti che, sommati, possono fare la differenza.

Ma non fermiamoci qui. Una nozione più avanzata è che la transizione ecologica richiede un cambiamento di sistema. Non basta sostituire le tecnologie inquinanti con quelle pulite, bisogna ripensare l’intero modello economico. Questo significa promuovere l’economia circolare, ridurre il consumo di risorse, investire in ricerca e sviluppo, e soprattutto, creare una società più giusta ed equa.

La COP30 è un’occasione importante per fare il punto della situazione e definire gli obiettivi futuri. Ma la vera sfida è quella di tradurre gli accordi internazionali in azioni concrete a livello locale. Ognuno di noi può fare la sua parte, informandosi, partecipando, e soprattutto, cambiando le proprie abitudini. Perché, come diceva Gandhi, “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Riflettiamoci su, e agiamo di conseguenza.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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