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- La Thailandia è l'ottavo produttore mondiale di plastica.
- Nel 2023, l'industria ha prodotto 8,8 milioni di tonnellate di plastica.
- Il divieto di importazione di rifiuti plastici è attivo dall'8 gennaio 2025.
La Thailandia di Fronte alla Crisi della Plastica: Un’Analisi Approfondita
La Thailandia si trova ad affrontare una sfida cruciale nella gestione dei rifiuti plastici, una problematica che si è intensificata negli ultimi anni a causa di una combinazione di fattori interni ed esterni. Mentre il mondo è concentrato a Ginevra per le trattative sul trattato globale contro l’inquinamento da plastica, un nuovo rapporto della Environmental Justice Foundation (EJF) mette in luce le criticità delle soluzioni focalizzate unicamente sulla gestione del fine vita dei materiali plastici. La Thailandia, ottavo produttore mondiale di plastica, si trova a dover affrontare le conseguenze di una sovrapproduzione e di un consumo eccessivo, con il 49% della produzione destinata all’esportazione.
La situazione è particolarmente critica nella provincia di Rayong, dove si concentra la produzione di plastica vergine da fonti fossili. Le attività industriali hanno causato danni ambientali significativi, tra cui malattie, distruzione dell’ambiente e un drastico calo delle risorse ittiche. Nel 2023, l’industria petrolchimica tailandese ha prodotto circa 8,8 milioni di tonnellate di plastica, generando 27,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, pari alle emissioni annuali di 5,9 milioni di automobili.

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Le “False Soluzioni” e il Fallimento delle Politiche Attuali
Il rapporto dell’EJF denuncia le “false soluzioni”, ovvero politiche che, pur presentandosi come risposte al problema dell’inquinamento da plastica, evitano riforme strutturali necessarie e scaricano gli oneri sulle generazioni future o sui gruppi marginalizzati. *È evidente come si privilegi il riciclo e l’incenerimento rispetto alla riduzione, al riutilizzo e alla ricarica.
Anche le plastiche bio-based e biodegradabili, promosse come alternative sostenibili, si sono rivelate fuorvianti, alimentando confusione e greenwashing. La mancanza di impianti di compostaggio industriale e un’etichettatura poco chiara hanno impedito a queste plastiche di ridurre significativamente i rifiuti.
Nonostante l’adozione della Roadmap on Plastic Waste Management 2018-2030 e di due Action Plan (2020-2022; 2023-2027), la legislazione thailandese non è riuscita a invertire la rotta. I divieti su alcuni prodotti sono rimasti incompleti, e il Second Action Plan ha addirittura eliminato l’obiettivo di ulteriori divieti, concentrandosi invece su riciclo e Waste to Energy (WtE). Contemporaneamente, l’industria della plastica ha visto un’impennata nella produzione, e gli incentivi fiscali e il supporto politico hanno favorito le “bioplastiche” e il WtE, con la conseguenza di una potenziale domanda artificiale di rifiuti e benefici ambientali trascurabili.
L’Incenerimento e le Sue Conseguenze Nascoste
L’incenerimento dei rifiuti plastici, in particolare attraverso gli impianti Waste to Energy (WtE), rappresenta un’altra “falsa soluzione”. Questi impianti, che bruciano i rifiuti per produrre energia, creano la necessità di una fornitura costante di rifiuti, spesso importati, compromettendo l’economia circolare e la salute delle comunità locali.
Nel distretto di Nong Bua, nella provincia di Nakhon Sawan, l’introduzione di un impianto WtE ha causato cattivi odori e inquinamento atmosferico, con emissioni di fumi scuri e nebbia verdastra e blu che si depositano sui campi. La situazione rischia di peggiorare se i permessi per nuovi impianti continueranno a essere concessi con facilità.
Verso un Futuro Sostenibile: La Thailandia Dice Basta all’Import di Plastica
Nonostante le sfide, la Thailandia ha compiuto un passo importante verso un futuro più sostenibile vietando l’importazione di rifiuti plastici a partire dall’8 gennaio 2025. Questa decisione, frutto di anni di battaglie da parte degli attivisti, pone il Paese all’avanguardia nella lotta globale all’inquinamento da plastica.
Tuttavia, il divieto di importazione non risolve magicamente il problema. È necessario un monitoraggio efficiente e un’applicazione rigorosa della legge per evitare traffici illegali di rifiuti plastici. Inoltre, la Thailandia deve affrontare l’inquinamento da plastica generato internamente, promuovendo il riciclo, riducendo la produzione di plastica e sensibilizzando i cittadini sull’importanza di uno stile di vita più sostenibile.
La Thailandia sta incoraggiando un cambiamento di mentalità tra i suoi cittadini, spronandoli a diminuire l’uso di plastica, a riutilizzare gli oggetti e a separare correttamente i rifiuti.* Questo cambio di passo verso un’economia circolare potrebbe rappresentare un esempio per il mondo intero.
Conclusione: Un Nuovo Paradigma per la Gestione della Plastica
La vicenda thailandese ci offre una prospettiva cruciale sulla gestione della plastica. La transizione ecologica non può limitarsi a soluzioni di fine vita come il riciclo e l’incenerimento, ma deve affrontare la causa principale del problema: la sovrapproduzione e il consumo eccessivo.
Un concetto base da tenere a mente è che l’economia circolare non è solo un sistema di gestione dei rifiuti, ma un modello economico che mira a ridurre al minimo l’uso di risorse vergini e a massimizzare il valore dei materiali esistenti.
Un concetto più avanzato è quello della responsabilità estesa del produttore (EPR), che impone ai produttori di farsi carico dei costi di gestione dei rifiuti dei loro prodotti, incentivandoli a progettare prodotti più durevoli, riparabili e riciclabili.
La Thailandia, con le sue sfide e i suoi progressi, ci invita a riflettere sul nostro rapporto con la plastica e a intraprendere azioni concrete per ridurre il nostro impatto ambientale. La transizione verso un futuro sostenibile richiede un impegno collettivo, che coinvolga governi, imprese e cittadini, per creare un’economia circolare che protegga l’ambiente e la salute umana.