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- Oltre 221 milioni di visualizzazioni per disinformazione su meteo estremo.
- Il 98% dei post fuorvianti non ha verifiche su Facebook/Instagram.
- Su X, l'88% dei post fuorvianti proviene da account verificati.
Il panorama informativo odierno è sempre più segnato da una polarizzazione estrema, soprattutto quando si tratta di questioni climatiche. I social media, lungi dall’essere semplici piattaforme di condivisione, si sono trasformati in veri e propri amplificatori di disinformazione, creando un clima di sfiducia e confusione. Un recente rapporto proveniente dagli Stati Uniti mette in luce come questa “tempesta di affermazioni false e fuorvianti” stia minando gli sforzi per affrontare i disastri ambientali e mettendo a rischio la vita di molte persone.
Il Center for Countering Digital Hate (CCDH) ha esaminato i contenuti più visualizzati su X, YouTube e Meta relativi a fenomeni meteorologici estremi accaduti negli Stati Uniti tra il 2024 e il 2025. I dati emersi sono preoccupanti: la quasi totalità di tali pubblicazioni, veicolanti falsità sulle origini del mutamento climatico, sulla gestione delle emergenze e sul supporto alle popolazioni, non è stata soggetta a moderazione, venendo anzi amplificata dagli algoritmi e sfruttata economicamente dalle piattaforme.

Il Ruolo delle Piattaforme Social: Profitto a Discapito della Verità
La disinformazione climatica non si limita più al semplice negazionismo. Si insinua nei flussi informativi per distorcere, distrarre e generare sfiducia. Le grandi aziende che detengono il potere informativo sembrano trarre profitto da questo caos, alimentando un circolo vizioso in cui la verità viene soffocata dalle menzogne.
L’indagine del CCDH ha evidenziato che le dichiarazioni errate o fuorvianti relative a condizioni meteorologiche estreme hanno raggiunto oltre 221 milioni di visualizzazioni complessive sulle diverse piattaforme analizzate. Stupisce notare come, sui post virali che diffondono informazioni scorrette durante gravi calamità, siano pressoché inesistenti annotazioni o verifiche dei fatti. In particolare, il 98% dei post esaminati su Facebook e Instagram, il 99% su X e il 100% su YouTube non presentavano alcuna verifica.
Un dato particolarmente preoccupante è che su X l’88% dei post fuorvianti sul meteo proveniva da account verificati, mentre su YouTube la percentuale era del 73% e su Facebook e Instagram del 64%. Questo dimostra che le piattaforme non solo non contrastano la disinformazione, ma spesso la amplificano, premiando gli utenti che la diffondono con maggiore visibilità e privilegi di monetizzazione.
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Il Caso Alex Jones: Un Esempio Lampante di Disinformazione Climatica
Il caso di Alex Jones, un influencer noto per le sue teorie cospirazioniste, è emblematico del problema. Durante gli incendi di Los Angeles tra l’estate del 2024 e l’estate del 2025, le sue affermazioni false e deliranti hanno raccolto oltre 400 milioni di visualizzazioni su X, superando di gran lunga le informazioni ufficiali diffuse dagli enti locali e dalle agenzie di stampa.
Jones ha condiviso teorie cospirazioniste sull’origine degli incendi e vere e proprie falsità, creando un sentimento diffuso di sfiducia verso i soccorsi e seminando confusione in un momento di crisi. Questo dimostra come la disinformazione possa avere conseguenze reali e pericolose, ostacolando gli sforzi per proteggere le persone e l’ambiente.
Oltre la Superficie: Un Ecosistema di Disinformazione
La disinformazione climatica non è un fenomeno isolato, ma fa parte di un ecosistema più ampio che mira a minare la fiducia nella scienza e a screditare gli sforzi per combattere i cambiamenti climatici. Questo ecosistema è alimentato da interessi economici e politici, in particolare dalle aziende del settore dei combustibili fossili, che investono ingenti somme di denaro in campagne di disinformazione per proteggere i propri profitti.
Secondo un’inchiesta, alcuni gruppi di studio americani finanziati dall’industria petrolifera hanno ricevuto 6,3 miliardi di dollari tra il 2003 e il 2010 per seminare dubbi sulla scienza del clima. Inoltre, le cinque maggiori aziende di gas e petrolio hanno investito più di un miliardo di dollari per le campagne di disinformazione sul cambiamento climatico negli anni successivi all’accordo di Parigi del 2015.
Un Futuro Sostenibile Richiede Verità e Consapevolezza
La lotta contro la disinformazione climatica è una sfida cruciale per il futuro del nostro pianeta. È necessario promuovere un’informazione accurata e basata su dati scientifici, contrastare le fake news e le teorie cospirazioniste, e responsabilizzare le piattaforme social affinché moderino i contenuti e proteggano gli utenti dalla disinformazione.
Verso un Giornalismo Impegnato e Consapevole
Per contrastare efficacemente la disinformazione climatica, è fondamentale che i giornalisti siano adeguatamente formati e dotati degli strumenti necessari per individuare e smascherare le fake news. In questo contesto, iniziative come il corso online di giornalismo d’inchiesta ambientale organizzato da A Sud, CDCA e EconomiaCircolare.com rivestono un’importanza cruciale. Il programma formativo fornisce moduli dedicati all’impiego dell’intelligenza artificiale e alla verifica delle informazioni, con un focus specifico sull’identificazione di notizie false inerenti al mutamento climatico e alla salvaguardia ambientale.