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Plastic apocalypse: perché il fallimento del trattato globale ci condanna?

La mancata ratifica di un accordo globale sulla plastica minaccia di vanificare gli sforzi per la sostenibilità, con conseguenze disastrose per il clima e l'ambiente. Approfondiamo le cause e le possibili soluzioni.
  • Nel 2019, la plastica ha emesso 2,24 GtCO2e (5,3% delle emissioni globali).
  • La produzione di PE, PET e PP causa il 60% delle emissioni.
  • Aumento del 4% annuo porterebbe al 25-31% delle emissioni nel 2050.

Gli eventi climatici estremi che hanno colpito duramente diverse regioni del mondo, dalle alluvioni devastanti in Pakistan ai nubifragi che hanno flagellato Milano Marittima, Cervia e Riccione, dovrebbero spingere a una profonda riflessione sulle cause e le conseguenze di tali fenomeni. Oltre al dolore per le vittime e i danni materiali, è fondamentale considerare il ruolo cruciale che l’inquinamento da plastica gioca nell’aggravare la crisi climatica. La mancata ratifica di un trattato globale contro l’inquinamento da plastica, dopo quasi tre anni di negoziati, rappresenta un’occasione persa per affrontare un problema che incide profondamente sul nostro pianeta.

La connessione tra plastica e crisi climatica è ormai innegabile. Diverse analisi e report scientifici hanno quantificato l’impatto della plastica sul clima, evidenziando come questo materiale contribuisca in modo significativo all’emissione di gas serra. Uno studio condotto da un team di ricerca internazionale guidato da Patricia Villarrubia-Gómez dello Stockholm Resilience Centre ha dimostrato che “l’inquinamento da plastica sta alterando alcuni importanti processi su scala dell’intero sistema Terra”, con conseguenze dirette sul cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’acidificazione degli oceani e l’uso delle risorse idriche e terrestri. Secondo le valutazioni fornite dal Plastics & Climate Project, l’industria della plastica risulterebbe tra i principali responsabili delle emissioni mondiali. Se considerata come una nazione autonoma, occuperebbe infatti la quinta posizione per quanto concerne l’emissione di gas serra, preceduta solamente dalle potenze più influenti quali Cina, Stati Uniti, India e Russia. La ricerca approfondita condotta da Nihan Karali insieme a Nina Zheng Khanna e Nihar Shah presso il Lawrence Berkeley National Laboratory (LBL) ha rivelato che nel 2019 la produzione complessiva di plastiche primarie è stata all’origine di circa 2,24 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente (GtCO2e), corrispondente al 5,3% dell’ammontare totale delle emissioni globali riferite ai gas serra (con esclusione del settore agricolo e dell’utilizzo del suolo).

Le Fonti di Emissione e gli Scenari Futuri: Un Quadro Preoccupante

Le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di plastica provengono principalmente dalla combustione di combustibili fossili per il calore di processo e l’elettricità, nonché da processi non legati alla combustione, come le perdite di metano durante l’estrazione, il fracking, la perforazione e il trasporto di petrolio, gas e carbone. Alcuni processi industriali, come lo steam cracking o il catalytic cracking, generano emissioni dirette di CO2 come sottoprodotto delle reazioni, mentre l’utilizzo di gas fluorurati in plastiche espanse come il polistirene estruso contribuisce ulteriormente all’effetto serra.

Un’analisi condotta dal LBL ha esaminato il contributo di diversi polimeri alle emissioni, rilevando che approssimativamente il 22%, il 21% e il 15% delle emissioni correlate alla produzione iniziale di plastica nel 2019 provenivano rispettivamente da polietilene (PE), polietilene tereftalato (PET) e polipropilene (PP). Circa il 23% delle emissioni è attribuibile ad altre plastiche cruciali, inclusi PVC, PS, SAN, ABS e PU. In uno scenario di moderata crescita della richiesta di plastica, pari al 2,5% annuo, le emissioni di gas serra originate dalla produzione primaria di plastica subirebbero un raddoppio, raggiungendo i 4,75 GtCO2e entro il 2050, il che equivarrebbe al 21-26% del budget globale di carbonio residuo per mantenere l’aumento delle temperature medie al di sotto di 1,5°C. Un incremento del 4% all’anno porterebbe a un triplice aumento delle emissioni, culminando in un totale di 6,78 GtCO2e, che corrisponderebbe al 25-31% della quota globale residua di carbonio da utilizzare per contenere il riscaldamento entro i 1,5°C. Tali cifre sottolineano con forza l’urgenza dell’intervento volto a limitare gli effetti negativi sul clima derivanti dalla fabbricazione della plastica.

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  • 😡 Sono stufo di sentir parlare solo di riciclo......
  • 🤔 Ma se invece di demonizzare la plastica ci concentrassimo......

Il Fallimento dei Negoziati e le Prospettive per un Trattato Globale

Nel mese di agosto del 2025, la città di Ginevra ha ospitato la chiusura della seconda fase della quinta sessione dell’Intergovernmental Negotiating Committee (INC-5.2), senza però riuscire ad approvare un documento fondamentale per il trattamento globale relativo all’inquinamento da plastica. Nonostante una partecipazione significativa, con delegati e osservatori provenienti da ben 183 nazioni, i colloqui hanno incontrato gravi ostacoli a causa delle profonde divisioni esistenti fra gli Stati coinvolti. Da una parte vi erano coloro che sollecitavano misure rigorose in ambito produttivo, chimico ed economico; dall’altra sussisteva una forte insistenza verso strategie orientate prevalentemente al riciclo e alla corretta gestione dei rifiuti.

Il risultato negativo di queste trattative costituisce uno sgambetto significativo nel contesto della lotta contro l’inquinamento derivante dalla plastica e compromette gravemente le probabilità di arrivare a un accordo internazionale realmente efficace. Il WWF ha formulato severe obiezioni nei confronti dell’esito finale dell’INC-5.2, esortando le nazioni maggiormente impegnate ad esplorare alternative valide per proseguire nella battaglia ambientale; tra queste potrebbe includere anche l’idea di superare il principio del consenso unanime che frequentemente ostacola i progressi nell’arena internazionale.

Zaynab Sadan, la principale responsabile delle politiche globali sulla plastica per il WWF e a capo della delegazione all’INC-5.2, “ha definito il fallimento a Ginevra “un’amara delusione” ma ha anche sottolineato che la maggioranza dei paesi ha espresso “volontà e allineamento” verso un Trattato efficace”. Ciononostante, una fazione minoritaria ha ostacolato il raggiungimento dell’obiettivo. Ora, a suo dire, è imperativo un cambiamento radicale nel processo negoziale. Senza progressi concreti, il lavoro svolto finora rischia di essere vanificato. È necessario un Trattato che trascenda i vincoli imposti da una minoranza con scarse ambizioni.

Un Futuro Sostenibile: Azioni Concrete per Ridurre l’Impatto della Plastica

La mancata ratifica di un trattato globale sulla plastica non deve scoraggiare gli sforzi per ridurre l’impatto di questo materiale sull’ambiente e sul clima. È fondamentale adottare un approccio integrato che comprenda diverse strategie, tra cui la riduzione della produzione di plastica vergine, l’eliminazione dei polimeri problematici, il miglioramento dei sistemi di riciclo e la promozione di alternative sostenibili.
Lo studio del LBL sottolinea che la maggior parte delle strategie di mitigazione dell’inquinamento da plastica potrebbero avere conseguenze diverse sul cambiamento climatico e “dovrebbero essere studiate rigorosamente dal punto di vista climatico prima di poter trarre una conclusione definitiva sul loro impatto”. Il riciclo meccanico, ad esempio, può portare a una riduzione delle emissioni di gas serra, ma non è applicabile a tutti i tipi di polimeri plastici e la sua efficienza può essere limitata dalla raccolta, dalla contaminazione e dalla selezione. Diversamente, il riciclo chimico richiede un consumo energetico più elevato rispetto alla controparte meccanica, e la pratica del riciclo a circuito chiuso, nello specifico da polimero a polimero, introduce ulteriori fasi produttive che amplificano la sua impronta di carbonio. L’implementazione di misure tangibili da parte di governi, industria e cittadini è imperativa al fine di favorire una economia circolare della plastica. In tale contesto, i rifiuti devono essere reinterpretati come risorse preziose, destinate a essere nuovamente utilizzati o sottoposti a riciclo. Solo attraverso uno sforzo collettivo ed ambizioso si potrà contenere l’impatto negativo che la plastica ha sull’ambiente e sul sistema climatico, contribuendo così alla realizzazione di un avvenire più sostenibile per l’intera collettività.

Verso un’Economia Circolare: Un Imperativo per il Futuro

La transizione verso un’economia circolare rappresenta un passo fondamentale per affrontare la sfida dell’inquinamento da plastica e mitigare i suoi effetti sul clima. Ma cosa significa concretamente economia circolare? In termini semplici, si tratta di un modello economico che mira a ridurre al minimo gli sprechi e a massimizzare il valore delle risorse, mantenendole in circolo il più a lungo possibile. Questo approccio si contrappone al modello lineare “produci, usa e getta”, che è alla base dell’attuale sistema economico e che contribuisce in modo significativo all’accumulo di rifiuti e all’esaurimento delle risorse naturali.

Un concetto più avanzato di economia circolare applicato alla plastica implica la riprogettazione dei prodotti e dei processi produttivi per ridurre l’uso di plastica vergine e favorire l’utilizzo di materiali riciclati o biodegradabili. Questo richiede un impegno da parte delle aziende a investire in ricerca e sviluppo per trovare soluzioni innovative e sostenibili. Allo stesso modo, si rende indispensabile incentivare la pratica della raccolta differenziata insieme al riciclo della plastica, stimolando l’impegno dei cittadini verso tale iniziativa.
Prendiamoci un momento per riflettere: nel momento in cui decidiamo di acquistare articoli realizzati in plastica, dobbiamo interrogarci sulla possibilità di optare per soluzioni più ecologiche. Possiamo contenere l’uso della plastica usa e getta scegliendo beni sfusi o con confezioni riciclabili ed effettuando correttamente la raccolta differenziata. Gestualità quotidiane minime ma diffuse tra una crescente popolazione possono rivelarsi fondamentali nel perseguire una visione futuristica più rispettosa dell’ambiente sia per noi stessi sia per chi verrà dopo di noi.
L’ora di agire è adesso; non possiamo permetterci ulteriori indugi.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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